Gaetano Donizetti — Il pescatore

Era l'ora che i cieli lente lente Mandan l'ombre sfumate, e ch'ogni istante Tacito, fuggente Sul fronte della sera ingenuo e puro Spande un velo piú scuro Sovra un limpido lago un battelliero Col suo battel leggero Tracciava un solco che vedea svanir Siccome il sovvenir dei dí che furo È giovane e leggiadro il pescatore E deliba l'incanto D'un lieto dí ne'sogni di speranza E canta e tutto tace, ché il suo canto È il canto dell'amore «Oh! vent'anni giungeste, né un core Del mio core la voce ha sentita Né la rosa sul seno appassita Una vergine a sera mi diè La mia barca abbandona la riva Senza un caro sussurro, un addio Senza un guardo, una voce che a Dio Implorasse un sospiro per me.» Ma tace, ascolta! al canto suo dall'onde Una voce risponde La speranza sul labbro gli ridea E la voce d'amor dicea cosí: «A me giunse il tuo lamento Mi ferí quel caro accento Son la dea di questo lago Il mio viso è puro e vago; Giovinetto pescator Per te palpito d'amor Ah! non morrà la mia bellezza Non morrà tua giovinezza; Sovra un trono di corallo Sotto un cielo di cristallo Vieni, vieni, pescatore Vieni al bacio dell'amor.» Tacque, e s'udia sul lago E sulla sponda un mesto mormorio Che affievoliva Fino alla riva urtando d'onda in onda E quando l'alba cominciò a spuntare Del pescator la folla costernata La barca abbandonata vide errare


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